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Avete mai sentito parlare di Amore liquido?

Tranquilli, non si tratta di una pozione magica, ma di una forma di legame amoroso (anche se leggendo per alcuni potrà sembrare la sua negazione), che sicuramente vi sarà capitato di incontrare per esperienza diretta o magari indiretta nel mondo di cui siamo parte oggi.

L’amore si sa, assume mille forme diverse. Forse è proprio per questo motivo che è sempre così difficile riuscire a definirlo. In realtà, credo si possa dire che l’amore abbia tante forme quante sono le persone che popolano il pianeta Terra, perché in fondo l’amore altro non è che l’espressione massima della soggettività di ognuno. Ognuno ama in modo diverso e unico e il modo in cui si ama dice della propria storia; dice di ciò che uno è e che non poteva essere diversamente. 

Fatta questa premessa però, si possono senz’altro osservare dei “minimi comun denominatori” nel modo in cui il sentimento amoroso tende a esprimersi all’interno di un’epoca ed esso senz’altro dice qualcosa della società a cui apparteniamo in quel preciso momento storico. 

Oggi la nostra è quella che il noto sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, recentemente scomparso, ha definito società liquida: incertezza, velocità, frenesia, performance, narcisismo, inconsistenza, virtualità ecc. potrebbero essere le parole chiave per riassumerla. 

Nella società liquida, a risentire di questa liquidità ci sono anche le relazioni, quelle d’amore in modo particolare. Le relazioni di oggi hanno meno garanzie di sopravvivenza nel lungo termine, sono meno orientate a un progetto condiviso, a un impegno “finché morte non ci separi” e questo accade perché, in estrema sintesi, oggi in primo piano non c’è più la tradizione, la religione, l’istituzione a fare da contenitori “sicuri”, certi, insindacabili, bensì c’è l’individuo.

Il punto è che l’individuo si è ritrovato, in un certo senso di punto in bianco, ad essere l’unico perno su cui poter fare affidamento per rifondare le proprie certezze, dopo secoli e secoli in cui tali certezze provenivano “dall’alto”, senza la necessità dunque di porsi troppe domande. 

Ecco allora che gli individui che oggi provano a stare in relazione, che si amano e che provano a farlo per tutta la vita, si trovano a fare i conti con la loro drammatica fragilità di soggetti non abituati a conoscersi, a sentirsi, a utilizzare sé stessi come punti di partenza della propria vita, ma allo stesso tempo chiamati a farlo.   

Quando si dice che la nostra è una società narcisista, intendendo dire dove tutti pensano al proprio successo, alla propria felicità, alla propria realizzazione personale, si descrive l’inevitabile. Perché il soggetto possa centrarsi, diventare il punto di fermo di sé stesso, deve necessariamente imparare ad amarsi o in alternativa (diffusa drammatica alternativa!) sarà costretto ad errare tutta la vita alla ricerca di specchi (relazioni) che gli rimandino qualcosa di desiderabile di sé, del quale però non riuscirà ad appropriarsi fino in fondo. Amare sé stessi infatti è un’impresa difficile, perché anche ad essa non siamo stati abituati; per la verità ci è stato sempre detto che amare sé stessi è egoistico, che il prossimo viene prima e che siamo peccatori. Viene spontaneo dire…come si fa ad amarsi?! 

L’amore liquido di cui è sempre Bauman a parlarci, racconta proprio di tutto questo. Gli amori liquidi sono quei rapporti, oggi frequentissimi, che sembrano vivere in un immutabile presente. Sono come una bolla, perfetta quanto fragile, nella quale non è dato fare progetti; l’amore liquido infatti teme il cambiamento e si difende da esso. Nella bolla i due partner stanno magari anche benissimo, anzi spesso l’amore liquido appare come un eterno innamoramento, fatto di emozioni intense che lo nutrono, ma ogni tipo di evoluzione del rapporto in qualcosa di più solido, impegnato, è vissuto con paura e come una possibile minaccia. Questi vissuti possono essere più o meno consapevoli per i due amanti e dunque possono esprimersi anche in modo implicito e poco afferrabile; resta il fatto che per una ragione o per l’altra, si presentano sempre degli “ostacoli” all’evoluzione, che in fondo in fondo finiscono per essere degli alibi. 

Rispetto a cosa il soggetto si sente minacciato? Pare ovvio: rispetto alla propria libertà di individuo così duramente conquistata nei secoli. Come dire: ora che “tutto è possibile”, ora che “basta volerlo”, perchè dovrei mettere un freno al mio desiderio, perché dovrei circoscriverlo in un legame solido? 

Il legame solido in fondo fa paura, perché sentito come limitante da un lato e dall’altra parte perché il legame con l’altro mette a confronto con sé stessi e stare davanti a sé stessi costa fatica (anche se, per dirla tutta, è l’unico modo per vivere una vita piena, appagante e soddisfacente!).

Il bisogno di libertà tuttavia non è il solo bisogno alla base di un amore liquido; il paradosso è nel contro-altare del concomitante bisogno di sicurezza che abita il soggetto. 

Insomma, “nell’incertezza, nel mare infinito di possibilità, ci sguazziamo sì, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di avere un porto sicuro dove tornare, che non deve essere però troppo sicuro”. Sembra quasi un gioco di parole. Un vero dilemma insomma! Nel quale la direzione che va per la maggiore è proprio quella di non assumersi l’onere di lavorare per costruire in sé stessi il proprio porto sicuro e lasciare invece più comodamente che sia l’altro ad esserlo per noi. Ecco gli specchi di cui parlavo poco sopra.   

Quando lo specchio dovesse smettere di rimandare quello che noi vorremmo vedere riflesso, passeremo semplicemente a un altro specchio, senza mai accorgerci di noi nella relazione, ma ancora peggio, senza mai accorgerci dell’Altro. In tutto questo infatti, l’Altro non è mai visto per quello che è, non è mai amato per quello che è, ma per quello che ci rimanda di noi e per quello che noi abbiamo bisogno di vedere.

Un amore un po’ opportunistico? Forse è un termine un po’ forte, ma in un certo senso sì; senz’altro un amore più orientato a che l’Altro colmi le mie mancanze, piuttosto che al reale incontro con egli. 

Con ciò non significa che un amore liquido non sia degno di essere chiamato amore (esso infatti non è pura e semplice sessualità), ma diciamo che è un amore con l’uscita di sicurezza sempre a portata di mano; potremmo definirlo un amore immaturo, perché appunto caratterizzato dalla delega al partner. 

Intendiamoci, un amore liquido potrebbe durare anche tutta la vita, ma privandosi a mio avviso della grande ricchezza che l’amore dà: la scoperta di sé e la propria crescita. Se non mi approprio di ciò che l’Altro, grazie al suo sguardo, mi aiuta a capire di me, quello non sarà amore autentico, ma sarà più una forma sottile di dipendenza

Allo stesso modo non è detto che l’amore solido duri tutta la vita, perché appropriarsi di ciò che l’altro mi rimanda per farne una rilfessione su di sé, significa anche aprirsi alla possibilità che “le nostre strade possono a un certo punto separarsi”. Ma quello che si sarà vissuto sarà un amore maturo, un amore che non teme il cambiamento, vissuto dall’inizio alla fine, in una campana (non una bolla) che cresce, si sviluppa e muore, come del resto è la vita. 

C’è un altro autore che ha scritto molto a proposito di questo modo liquido di intendere il legame amoroso ed è lo psichiatra, psicoterapeuta Raffaele Morelli. Cito Morelli perché egli offre una prospettiva forte, personalmente forse provocatoria e azzardata, che tuttavia può dare delle chiavi di lettura interessanti. In estrema sintesi, Morelli sostiene che l’amore liquido sia l’amore autentico, poiché esso permette al soggetto di evolversi incontrando, nella bolla, nuove parti di sé. Essendo la bolla un eterno presente, che non guarda alla sua durata, in essa la persona si permette di mettere in gioco parti di sé mai sperimentate prima. Potremmo dire che alla base dell’amore liquido c’è il grande bisogno di innamorarsi di sé o almeno di una parte di sé. Se il soggetto riuscisse a compiere lo sforzo di chiedersi quale sia questa parte e ne acquisisse consapevolezza, la bolla dell’amore liquido scoppierebbe perché sarebbe finita la sua funzione, oppure potrebbe trasformarsi nella campana dell’amore solido. 

Ora, personalmente faccio fatica ad essere in accordo con Morelli nel considerare l’amore liquido come l’amore per eccellenza, ma credo che la sua prospettiva aiuti nel dare un senso a questo tipo di investimento, che lo stesso esiste, uscendo da una logica puramente di giudizio.

Credo infatti che il punto non sia tanto chiedersi quale amore fa per me, in quale amore credo, qual è per me quello giusto e autentico, quanto piuttosto chiedersi: “il tipo di amore che sto vivendo (o che ho vissuto), che cosa mi dice di me in questo momento della mia vita?”.

Perché alla fine, tornando all’inizio dell’articolo, “l’Amore è, ciò che è per me”

Guarda anche il nostro video sull’argomento.

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Dott.ssa Alessandra Micheloni

Psicologa – Psicoterapeuta