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Spesso mi capita, durante le sedute con i miei pazienti, discutendo anche di alcuni fatti di cronaca relativi ai cosiddetti “raptus violenti” di ricevere domande del tipo:

“Ma posso diventare anche io così?” “Davvero si può si può diventare mostri da un giorno all’altro?”

Queste domande oltre a non avere una risposta certa e univoca, risultano difficili e stimolano una riflessione forse a volte più filosofica sulla cattiveria o bontà dell’animo umano. “Ma sono persone cattive o malate?”

Per rendere un po’ più digeribile o forse per trovare una delle possibili chiavi di lettura di eventi drammatici, ho spesso riflettuto sul significato etimologico della parola cattivo, che dal latino Captivus, significa imprigionato.

Imprigionato o catturato dentro di sé da cosa? O forse una persona cattiva la diventa proprio perché imprigionata dentro sé da esperienze drammatiche non risolte, da una patologia o da modi relazionali disfunzionali. Trovo da un lato altamente pericoloso ricondurre ogni gesto drammatico a uno stato depressivo, mai meglio definito, o mentale di disagio. Ma forse quel senso di prigione che dà la malattia mentale in senso lato, può condurre a condotte drammatiche quando altra possibilità di parola o di interazione non esiste.

Non posso e non è mia intenzione trovare una risposta a questo enorme quesito, solo fornire spunti di riflessione, soprattutto pensando ai miei pazienti che si spaventano nel sentire spesso maltrattato ulteriormente il disagio psicologico e gli stati che loro stessi sperimentano nei periodi di disagio. Non è intenzione qui aprire il discorso a questioni più etiche e morali, ma solo provare a dare un senso ad alcuni messaggi poco chiari dei media.

Dando un senso a ciò che ci accade dentro, chiedendo aiuto, perché spesso l’aiuto è l’unica chiave di svolta, possiamo pensare che mostri non si diventa così da un giorno all’altro, ma per un accumulo, un disagio forte dove la chiave di uscita è stata persa.

La cattiveria è una luce fredda in cui ogni cosa perde colore, e lo perde per sempre (Alessandro Baricco)

Laura Vighi