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Ai ragazzi oggi voglio dire: abbiamo molto da imparare dai contadini.

Mi rendo sempre più conto di quanto sia difficile per un giovane pianificare il proprio futuro nella realtà odierna e di quanto sia difficile per gli adulti fornire loro una strada possibile, che sia realmente d’aiuto. Èvero che alcuni ragazzi sono incastrati ancora prima, nel non riuscire a darsi una direzione, ma molti sono incastrati un momento dopo, nel capire come intraprendere e realizzare quella che hanno individuato. 

Nel tempo, il consiglio più adeguato che mi sento di poter offrire, dal mio modesto punto di vista consiste quasi in una sorta di paradosso. Trovo infatti paradossale che nell’era tecnologica, che ci spinge fortemente in avanti, più avanti forse di quanto le nostre attuali competenze ci consentano di sostenere, l’invito consista in un ritorno alla terra.

Eppure penso che le capacità necessarie a un contadino costituiscano una necessità estremamente attuale; trovo siano capacità non diverse da quelle necessarie all’uomo ipermoderno, affinché non resti schiacciato dal peso della rivoluzione epocale in cui è immerso.

Èovvio che il suggerimento di cui questo breve spunto parla non ha nulla a che vedere con un’indicazione pratica. Nonostante creda non ci sia proprio nulla di male in un ragazzo che scelga di vivere oggi lavorando la terra (anzi, sarebbe una scelta parecchio originale!), non è a questo che mi riferisco. Voglio invece puntare la luce su quelle caratteristiche che tale lavoro richiede, da prendere come possibili suggerimenti, ora più che mai validi:

Un approccio di semina

 Siamo tutti immersi, non solo i giovani, in un clima che ci porta a desiderare un riscontro immediato delle nostre azioni. Ancora un po’ desideriamo raccogliere frutti ancora prima di aver piantato il seme. Ma i contadini sanno bene che ciò è a dir poco impossibile. Se nella vita vogliamo ottenere qualcosa, qualunque cosa, dobbiamo prima ricordarci di fare il primo, i primi, fondamentali passi. Seminare non certo a casaccio; i contadini infatti sanno bene come, quando e dove farlo; magari all’inizio lo scopre un po’ a sue spese, per prove ed errori, ma poi la semina diventa un’arte metodica e instancabile, fonte di infinite soddisfazioni. Certo non mancheranno le inevitabili frustrazioni: una grandinata che devasta il raccolto, una sfortunata carenza di piogge, potranno sempre arrivare, che ci piaccia o no, ma con il tempo si imparerà ad aver pronto anche un piano B, che aiuti ad attutire il colpo e contenere i danni.

Avere pazienza

 Un’altra cosa che i contadini sanno bene è che ogni seme ha bisogno di un tempo per germogliare, un tempo che non è sotto il suo immediato controllo. Tutto ciò che si può fare una volta piantato il seme è avere pazienza, fiduciosi che, anche se non posso ancora vedere nulla spuntare, né posso sapere quando questo accadrà, sotto, la terra con il seme lavorano istante dopo istante, in modo impercettibile, ma costante. 

Stare nel qui ed ora

Seminare però non richiede di attendere in modo passivo che qualcosa accada. Dopo aver fatto il primo passo, sarà necessario prendersi curadi quel seme: dare acqua, luce, ombra quanto servono. Per fare questo è fondamentale essere presenti, nel qui ed ora, dirigere le proprie attenzioni e le proprie energie per cogliere, momento dopo momento ogni nuovo bisogno che dovesse nascere, a partire dal quale poter poi aggiustare il tiro. 

Saper attendere

Forse si avrà l’impressione di un’apparente contraddizione con il punto precedente, ma non è così. Essere in grado di attendere, sospendere l’azione senza lanciarsi in uno spasmodico “fare a caso”, “nel dubbio”, è fondamentale per non disperdere le energie inutilmente e soprattutto per evitare, ad esempio, di “annegare” il seme. L’attesa ha in sé qualcosa di molto prezioso, come il potersi ricaricare, riposare, raccogliere nuove forze che mi saranno molto utili quando giungerà il momento di raccogliere i frutti. Nell’attesa inoltre posso anche dedicarmi ad osservare; l’osservazione è tanto importante quanto l’agire e forse anche di più, dal momento che lo direziona. Siamo molto abituati ad avere “tutto e subito” e per questo credo che questo sia uno dei punti più delicati da fare proprio.

Ricordarsi che “dare” viene prima di “ricevere”

Come ho detto al primo punto, nessun frutto può essere raccolto senza una posizione attiva che parta da dentro, che non consiste solo nel gesto di semina iniziale, ma al contrario deve essere una disposizione continua. Una volta che si comincerà a “ricevere”, “dare” sarà sempre più facile, ma prima che ciò accada occorrerà non dimenticare il senso ultimo di tutto questo duro lavoro, ovvero noi stessi. Non penso francamente esista motivazione più grande.

Riassumendo ragazzi: seminate, pazientate, state, attendete e date! E sognate sempre molto, ma molto in grande.

Alessandra Micheloni