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Come spiegato nella prima parte dell’articoloAna (anoressia) e Mia (Bulimia) sono due diminutivi. Essi sono usati per descrivere in rete i disturbi del comportamento alimentare.

Proprio la condivisione attraverso il mezzo immagine è il punto più pericoloso: non è più solo una condivisone di pensieri, ma un netto confronto di corpi e parti di esso. Tutto ciò ha un’influenza pesantissima sulla mente delle giovani ragazze che cercano questo confronto in modo morboso.  

Uno dei tratti salienti dei disturbi alimentari è proprio la centralità dei pensieri relativi alla dieta, alla forma del corpo, alle pratiche restrittive, il confronto con gli altri corpi e il continuo check delle proprie forme. Vedere scorrere migliaia di immagini di corpi eccessivamente magri e distrutti, funge purtroppo da elemento di mantenimento della costruzione mentale dei disturbi alimentari.

“È uno stimolo a continuare, vedere che altre ce la fanno ti fa pensare che non stai facendo abbastanza”.

“Trovare i tuoi stessi pensieri e vedere le costole o le spalle con le ossa delle altre non ti fa sentire sola, e ti spinge provare a superare il limite”.

“Se sento che sono stanca di vomitare tutto, apro Instagram guardo le altre vedo che pesano meno di me e mi viene voglia di vomitare ancora”.

Quelle immagini diventano purtroppo modelli da imitare

Sono solo alcuni esempi dell’effetto che queste immagini fanno a una paziente anoressica: nessun panico, nessun pensiero critico sulle immagini, solo uno stimolo e continuare, immagini e modelli negativi a cui puntare.  

In questo senso, l’effetto sperato da chi pubblica e si trova migliaia di follower è purtroppo raggiunto, andando ad alimentare i pensieri errati di migliaia di giovanissime che spesso non hanno ancora o per nulla,  accesso alle cure e terapie necessarie.

Credo che l’argomento sia ampio, preoccupante e meriti una profonda riflessione da parte di chi si occupa della cura di questi disturbi. Spesso c’è un sottofondo che sfugge anche al nostro controllo, non è solo la foto della modella taglia 38 o le XS dei negozi, c’è una forza in questa condivisione di corpi che andrebbe aggiunto a tutti gli affetti a uno dei tanti fattori di mantenimento dei disturbi alimentari.

Laura Vighi