fbpx

Rispetto al passato diventa necessario affrontare l’argomento della molestia sessuale a scuola con tempistiche sempre più precoci, anche in funzione dei dati statistici che ci rimandano uno sviluppo puberale sempre più anticipato, soprattutto sul versante femminile, o comunque più accelerato tra la comparsa dei primi segnali e lo sviluppo vero e proprio.

Per affrontare questo argomento, però diventa necessario distinguere chiaramente la molestia sessuale dalla violenza sessuale e di conseguenza uscire dall’idea che l’unico modo per offendere sessualmente una persona è quello di farle violenza e perciò se non c’è violenza, non c’è nemmeno molestia.

Ma che cos’è allora la molestia sessuale?

Il Codice di comportamento per la prevenzione delle molestie nei luoghi di lavoro e di studio dell’Università degli Studi di Trieste a tutela della dignità della persona, all’Art. 2 definisce come molestia sessuale “ogni tipo di comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro tipo di discriminazione basata sul sesso che offenda la dignità degli uomini e delle donne nell’ambiente di studio e di lavoro, ivi inclusi atteggiamenti di tipo fisico, verbale o non verbale”.  

La molestia dunque riguarda un interesse a connotazione sessuale ripetuto nel tempo nei confronti di una persona che non lo gradisce o che si trova in una posizione di inferiorità tale per cui non può nemmeno manifestare di non gradirlo. 

Si possono distinguere tre tipi di molestia

  • di genere (comportamenti o commenti che esprimono un atteggiamento discriminatorio nei confronti di qualcuno appartenente ad un dato genere sessuale, es. “le femmine non sanno nulla di motori”, “sei un maschio e non puoi parlare di moda”)
  • attenzioni sessuali indesiderate (comportamenti o commenti non desiderati da chi li subisce, es. guardare insistentemente una parte del corpo sessuale)
  • ricatti sessuali (richieste sessuali per ottenere vantaggi secondari, es. passare compiti)

Quello che emerge da questa distinzione è che se nelle ultime due situazioni è evidente il ruolo della vittima, nel caso della molestia di genere diventa più difficile riconoscerla come tale (e di conseguenza prevenirla).

La difficoltà del riconoscimento della molestia di genere è dovuta al fatto che spesso chi molesta di solito è portavoce di un pensiero culturale, di un ambiente che esprime ostilità nei confronti di un genere sessuale, e la vittima non è tanto il singolo individuo, ma il fatto di appartenere ad un genere sessuale. Ciò che varia però è che certe persone possono soffrire maggiormente questa pressione culturale e sviluppare su questa dei veri e propri disturbi.

A scuola la molestia sessuale viene spesso disconosciuta e sottovalutata (salvo dalla vittima stessa), anche perché spesso chi molesta non lo agisce con una reale consapevolezza di divenire ostile e creare sofferenza nell’altro/a. Inoltre non esiste nella scuola una sensibilizzazione rispetto al rapporto tra generi sessuali diversi e le problematiche che potrebbero scaturirne per cui diventa difficile riconoscere tutti quegli atteggiamenti discriminatori rispetto al genere sessuale che determinano sofferenza.

Il risultato è che la vittima subisce atteggiamenti o commenti che vive come molesti, senza essere riconosciuta se non addirittura sminuita, laddove riesca a parlarne.

La scuola, invece, in quanto luogo di educazione ed istruzione dovrebbe avere un ruolo principe per far crescere una cultura del rispetto e favorire una maturazione emotiva che porti alla consapevolezza dei bisogni e dei diritti dell’altro.

Silvia Pallavera