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La rete di memoria riporta, nella maggior parte dei casi, una classica forma “a rete”, all’interno della quale si evidenziano dei “nodi”, che fanno da raccordo e intreccio dei vari collegamenti. Ciascun nodo rappresenta un “concetto appreso”.

I concetti si organizzano in maniera categoriale; alcuni concetti, come il concetto di “felino”, rappresentano una “categoria semantica”, che conterrà tutti gli elementi che identifichino animali che fanno parte di tale categoria. Ogni categoria conterrà moltissime sotto-categorie.

Ogni nodo categoriale, quindi, rappresenta un “cassetto” dell’armadio della mente. Se l’armadio della nostra mente è organizzata in “cassetti”, la codifica risulterà logica, razionale, lineare, dettagliata e la memoria  verrà facilitata nel processo di recupero.

Al contrario, se l’armadio della mente non è organizzato in cassetti (questo è il caso dei ragazzi DSA o DSL), la rete di memoria corrisponderà ad un “filo di nodi” disposti l’uno davanti all’altro con una consequenzialità che non rispetta i termini della logica ma quelli dello “spazio-tempo”. Ciò significa che i concetti appresi man mano e introdotti dal ragazzo nel magazzino della memoria a lungo termine, verranno immagazzinati in un ordine esattamente equivalente all’ordine con cui sono stati appresi: il concetto di tigre, quindi, potrebbe essere adiacente al concetto di topo, senza neanche lontanamente avvicinarsi al grande nodo che rappresenta la categoria del felini (insieme al leone, al gatto e chi più ne ha più ne metta…).

Questo tipo di codifica comporta una notevole fatica nel recupero delle informazioni immagazzinate, esattamente come se in un enorme armadio senza alcun cassetto venissero gettati maglioni, magliette, jeans, pantaloni e calzini di tutti i tipi, senza alcuna logica o categoria, né relativa alla tipologia di indumento, né relativa al colore; se un insegnante chiedesse ad un alunno DSA di parlargli del “maglione rosso”, il ragazzo sarebbe costretto a scandagliare l’intero armadio, provocando un enorme disordine per trovarlo e utilizzando una notevole quantità di tempo di latenza fra la domanda e la risposta (ecco perché il ragazzo DSA necessita di un tempo di latenza fra la domanda del Professore e la sua risposta maggiore rispetto agli altri ragazzi, senza essere interrotto, incalzato, distratto e senza essere frainteso nel suo reale bisogno, che spesso viene scambiato per poco studio e scarso impegno).

Come se non bastasse: il ragazzo rischierebbe di afferrare un indumento adiacente al maglione rosso richiesto dal Professore e il semplice “errore di vicinanza” verrebbe scambiato per un gravissimo errore categoriale: nel caso di un armadio privo di cassetti, infatti, l’indumento più vicino al maglione potrebbe anche essere un calzino! L’errore di vicinanza produrrebbe nel Professore il medesimo sbigottimento che si evidenzierebbe sul suo volto se nell’interrogazione al ragazzo venisse richiesto di parlare della tigre e lui rispondesse parlando del topo. Quest’ultimo errore di categoria non sarebbe considerato di medesima gravità rispetto ad un semplice errore di vicinanza all’interno della stessa categoria dei felini, magari fra la tigre e il leone, che di impatto potrebbe essere valutato come un errore di distrazione, di poca precisione, ma non di scarso impegno nello studio dei felini.

In realtà, invece, la gravità dell’errore che si presenta all’interno della stessa categoria per chi non presenta DSA, è la medesima dell’errore che si presenta fra due categorie distinte per chi è DSA (non avendo, questi ultimi, cassetti o categorie).

La sonda di memoria per un ragazzo DSA gira senza tregua nell’armadio, afferrando spesso elementi che non vengono richiesti dalle consegne delle domande. E’ questo il motivo per cui spesso i ragazzi DSA producono collegamenti comprensibili unicamente a loro, o comunque molto “tangenti”, poco attinenti ad una logica comunemente conclamata e condivisa; vengono spesso considerati “strani” nel loro modo di ragionare e si dice che il loro pensiero non sia lineare, bensì contorto e contraddittorio.

Ecco perché la mappa concettuale di cui necessita il ragazzo DSA nello studio è estremamente importante da utilizzare anche nel corso dei compiti in classe e delle interrogazioni; questo perché la mappa concettuale riproduce “la rete” di memoria che il ragazzo non possiede di natura nella mente, permettendo alla sua sonda di memoria di districarsi con maggiore facilità al suo interno, recuperando più velocemente ed efficacemente le informazioni.

Possedere la mappa concettuale sotto agli occhi in verifica o in interrogazione non corrisponde ad un aiuto per il ragazzo DSA,  bensì corrisponde ai suoi “occhiali”, allo strumento che può garantirgli la sua massima evoluzione e l’espressione massima del suo potenziale intellettivo.

Per il ragazzo DSA ciò rappresenta quindi il miglior allenamento anche perché, a lungo andare, le mappe utilizzate come “bussole” per orientarsi in quel caotico magazzino di memoria non categoriale, vengono interiorizzate, quasi “stampate” nella mente, nel cervello destro.

Le tipologie di magazzino di memoria che sono state esposte corrispondono, scientificamente parlando, alla modalità con cui le cellule neuronali creano le loro sinapsi all’interno delle aree  implicate nell’apprendimento: sinapsi “a rete” o sinapsi “ a filo”.

Monica Crivelli