Tra i compiti dei genitori c’è sicuramente la trasmissione dei valori morali della famiglia e della società. Ma è giusto affrontare coi nostri ragazzi argomenti come mafia, pizzo, ecc? Non è meglio lasciarli nella loro innocenza e fargli scoprire solo da grandi le brutture del mondo?
La seguente dichiarazione di un pentito di mafia mostra chiaramente come l’indottrinamento avviene fin dalla più tenera età e come alcuni “principi” diventino poi normalità:
“Da bambino ho conosciuto la galera, in quanto andavo a trovare i fratelli di mio padre e dunque sono cresciuto con l’odio per le divise, carabinieri, polizia, finanzieri, vigili urbani…. Loro non c’entravano niente, ma chiunque indossasse una divisa per me era nemico perché portava delle sofferenze a casa mia. Venivano a fare perquisizioni, venivano a cercare i miei zii latitanti, mettevano la casa sotto sopra….
Così una persona comincia a crescere con questa avversità, con questi fatti che possono sembrare nulla, ma in realtà, secondo me, colpiscono i bambini. In più c’è una situazione giornaliera, per cui ti viene inculcato il modo di pensare….un modo di vivere che diventa per te normalità. GLI ALTRI TI SEMBRANO ANORMALI. Mi ricordo che quando ero bambino, se si sapeva che uno era figlio di poliziotto, non gli si poteva parlare…
Mio zio, mi ricordo, mi faceva questa domanda: “Tu sei uno sbirro o un uomo d’onore? [chi sì sbirro o omo d’unure tu?]”. Avevo meno di 8 ANNI, quindi che ne capivo? Cosa capivo della parola sbirro o uomo d’onore? Ma se rispondevo “Sbirro!” mi arrivava uno schiaffo . Mentre se dicevo: “Uomo d’onore!”, lo zio mi regalava 10 mila lire”.
Di fronte a queste parole, si comprende bene come alcuni PRINCIPI (positivi o negativi che siano), vengono percepiti dai nostri BAMBINI E RAGAZZI CHE LI FANNO PROPRI PER FORMARSI COME PERSONA.
Sicuramente non sono argomenti facili da gestire, ma nello stesso tempo sono importanti perché i nostri figli, che noi vediamo sempre come “piccoli”, sono comunque inseriti fin dalla più tenera età a livello sociale (basta pensare solo alla scuola) in microcosmi di relazioni in cui inevitabilmente emergono SOPRUSI, PREPOTENZE, INGIUSTIZIE, accanto ad amicizie.
Diventa fondamentale far capire ai nostri ragazzi, come non sia giusto accettare passivamente questi atteggiamenti , così come far finta di non vedere laddove non tocchino direttamente loro.
Un libro che ci può aiutare
In aiuto in questo difficile compito può venire un libro, che ho letto dopo che la professoressa di italiano di mia figlia lo ha consigliato ai suoi alunni per l’estate, scritto da Luigi Garlando dal titolo Per questo mi chiamo Giovanni .
Il testo racconta in modo semplice e diretto (d’altronde è scritto per ragazzi) non solo il lavoro e la missione di Giovanni Falcone, ma anche come nel nostro piccolo, nelle nostre relazioni quotidiane e a tutte le età, possiamo continuare a render vivo il lavoro di questo grande magistrato.
PERCHÉ SOLO CRESCENDO UNA GENERAZIONE SANA SIPOSSONO CONTRASTARE LE BRUTTURE DEL MONDO.
Silvia Pallavera